Le storie di Oscar #03: "Pero', ora abbiamo la democrazia ..!" -- "Pero ahora tenemos democracia..."!
Ci eravamo conosciuti l' anno prima a Pergamo in Turchia visitando l'
Acropoli. Oovviamente avevamo fatto la solita battuta cretina (per loro)
perché erano residenti a Bergamo Alta, ci tenevano a sottolineare.
Lui,chiamiamolo Alberto, dichiarava di essere un commercialista passato
poi alla professione di psicologo che chiaramente gli rendeva molto di
più a giudicare dal suo motorhome che doveva costare un sacco di milioni
di lire.
Un tipo esuberante, una cascata di parole, appassionato di armi.
Immediatamente ci aveva mostrato la sua P 38 che nella Turchia di quegli
anni viaggiando in camper secondo lui era più che necessaria e si
meravigliava che noi nel nostro mezzo non avessimo alcuna arma di
difesa.
Gli avevamo risposto che la nostra difesa era Anastasia, il pastore
tedesco che viaggiava con noi nel camper ed era oggetto di desiderio da
parte di un sacco di turchi, anche se si dice che odiano i cani seguendo
i dettami della loro religione.
Dopo una decina di giorni di visita dei siti archeologici turchi ci
eravamo lasciati perché loro dovevano tornare a Bergamo e noi invece
dovevamo proseguire per la Cappadocia.
Baci e abbracci con l' intento di ritrovarci l' anno successivo per
passare insieme le vacanze questa volta in Spagna portando ancora con
noi i nostri figli se riuscivamo a competere con gli atteggiamenti
protestatari della loro adolescenza dorata.
Alberto e la sua inconsistente metà di nome Maria avevano una ragazzina
di quattordici anni, Sonia, piuttosto bruttina e scolarizzata contro la
sua volontà in una rigida istituzione cattolica.
Perché il camper? A dire il vero avevamo cominciato prima con la
roulotte, termine improprio perché dovrebbe essere usata la parola
"caravan".
Comunque impegnare il proprio tempo libero e le vacanze estive in un
viaggio in camper aveva molti vantaggi tra cui quello di potersi fermare
dove ci pareva senza limiti di orario.
In poche parole il senso di una grande libertà anche se poi le
controindicazioni c'erano ed erano molte a cominciare dalla fatica di
guidare un mezzo di notevoli proporzioni rispetto ad una autovettura
normale. Ma c'era soprattutto anche il vantaggio di far capire ai figli,
soprattutto maschi, il grande significato di conoscere, avvicinare
gente diversa da noi, il rispetto delle tradizioni culturali e della
differenza di pelle, la prova quotidiana di misurarsi con la necessità
di essere un po' meno italiani cercando di capire gli altri.
In Norvegia proprio come italiani ci avevano invitato ad uscire da un
supermercato perché parlavamo a voce alta. Se si viaggia in gruppi
organizzati poi, la dura esperienza del convivere con persone che hanno
problemi e li accollano agli altri membri della carovana.
Ci era successo per esempio in un viaggio in Egitto organizzato dalla
rivista Plein Air dove un tale autodefinitosi professore di liceo (poi
si era saputo che si trattava solo di un bidello), non faceva altro che
insabbiarsi con il suo camper.
Quando tutti insieme bloccavamo i nostri mezzi, scendendo per spingere
il suo mezzo fuori dalla sabbia, questo tale trovava anche il modo di
incazzarsi violentemente contro chi lo stava aiutando accusandoci di
sporcargli la bianca carrozzeria del suo motor caravan. Alla fine ci
eravamo visti costretti a mollarlo nella sabbia, proseguendo tutti
quanti il nostro viaggio come da programma.
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"Giulia è proprio bella, vero?", Alberto osservava con un'attenzione non
proprio paterna l'amichetta di sua figlia Sonia che gli era stata
affidata dai genitori, una coppia scoppiata che stava andando dritta al
divorzio.
Eravamo seduti fuori dai nostri camper in un campeggio di Valencia dove
ci eravamo incontrati come da promessa che avevamo fatto l'anno
precedente in Turchia.
Giulia era proprio bella e dimostrava qualcosa di più dei suoi 15 anni,
forse 17 forse 18 ma rispetto a Sonia, la figlia di Alberto e Maria,
Giulia sprizzava femminilità da tutti i pori.
Amava indossare canottiere che ovviamente lasciavano intravedere larghe porzioni del suo seno piccolo ma già bene formato.
Ed era pericoloso rivolgerle la parola perche' trovava tutte le scuse
per appoggiarsi con i gomiti su qualche cosa lasciando piena visibilita'
del suo gioiello pettorale.
Giulia era una presenza inquietante per uomini adulti come chi scrive e
come il commercialista tramutato in psicologo. Senza scomodare Vladimir
Nabokov.
"Da quando siamo partiti Giulia ha dimostrato di essere molto più matura della sua età.
Questo mi ha fatto piacere perché può essere utile per svezzare mia
figlia Sonia che dei problemi, ne ha molti, lascialo dire da me che sono
uno psicologo. C'è da dire che non è facile convivere con una
adolescente già molto svagata e indipendente come Giulia.", aggiunse
Alberto.
"D'accordo, però si tratta pur sempre di una ragazzina sia pure un po' speciale..", avevo controbattuto.
"Lo sai che adesso le due, quando andiamo in un ristorante, vogliono
mangiare ad un tavolo separato da noi? Ho visto che Giulia si diverte a
provocare i maschi che incrocia con lo sguardo ed è arrivata addirittura
a fare cin-cin col bicchiere di vino in risposta alle occhiate
assassine.
Poi ci sono quelli che si alzano e vanno vicino al loro tavolo ed allora
mi tocca prendere in mano la situazione alzandomi a mia volta e
avvicinandomi alle ragazze. Finora sono riuscito a tenere lontani gli
ammiratori....ma non è facile essere padre e amico di ragazze
adolescenti...sono donne formate ma col cervello di bambine, ingenue,
aperte ad ogni incontro e a ogni delusione...sapessi quante ragazze di
questo tipo sono mie pazienti."
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Barcellona, ultima tappa del nostro breve viaggio congiunto in Spagna.
L'ultima sera della nostra permanenza doveva essere dedicata ad una
visita al Montjuic dove nel 1929 è stata organizzata una Esposizione
Universale che ha lasciato costruzioni architettoniche di altissimo
livello perché gli spagnoli, non solo sanno fare cose bellissime, ma
soprattutto sanno conservarle.
Scopo della visita al parco di MontJuic era soprattutto quello di
assistere allo spettacolo della Font Magica, la fontana sonora, grande
attrazione turistica con milioni di visitatori ogni anno.
Dopo aver scarpinato per qualche ora visitando lo stadio olimpico, El Poble Espanyol,
un museo all'aria aperta ubicato sulla collina Montjuïc e la Fondazione
Joan Miro', dato che in Spagna si mangia la sera molto tardi avevamo
preso i biglietti per lo spettacolo della Fonte Magica alle 21 e 30. Poi
saremmo andati in un ristorante.
In mezzo a migliaia di persone abbiamo assistito allo splendido show
della Fontana Magica poi, ormai notevolmente stanchi per la giornata
intensa, ci siamo fermati nel primo ristorante che abbiamo trovato.
Come al solito le due ragazze hanno preteso di cenare in un tavolo separato dal nostro.
E si è ripetuta quella scena che ormai era divenuta una nefasta
tradizione delle nostre serate in compagnia di Alberto, moglie, figlia e
Giulia.
Ma questa volta la situazione sembrava aver assunto dei contorni più
pericolosi: gli ammiccamenti di Giulia e Sonia a un gruppo di
giovinastri che sghignazzavano in un tavolo vicino ed erano
evidentemente arrivati già ad un livello di tasso alcolico molto alto,
avevano convinto cinque di questi individui ad alzarsi e a circondare il
tavolo delle due ragazze guidati dal capobranco che rispondeva al nome
di Jose', stando almeno a come lo chiamavano con una punta di
sottomissione gli altri ragazzi.
Alberto aveva cercato di sfoderare le sue doti di cortese psicologo
invitando i giovinastri a lasciare libere le due ragazze. Ma questa
volta questa tecnica non funzionava.
"¿Qué diablos quieres, mierda italiana? Estamos aquí en nuestra casa.
Estas chicas nos sonrieron y enviaron mensajes. ¿Que quieres de mi?", si
mise a sbraitare Jose'.
La situazione non miglioro' quando a mia volta minacciai di chiamare la polizia.
Jose' mi venne sotto la faccia, afferrandomi al petto: "¿Quieres llamar a
la policía, idiota? Llama, llama ... la policía nos defiende, no a los
turistas de mierda."
Intervenne il proprietario del ristorante che chiaramente conosceva e
temeva quel gruppo di giovinastri e li convinse a tornare al loro tavolo
mentre noi ci affrettavamo a riprendere l'uscita dopo avere pagato un
conto stratosferico.
Ripresi i nostri camper ci siamo fermati in un'area di parcheggio poco
distante ed io ho fatto una cosa che non dovrebbe mai essere compiuta da
un camperista avveduto in una situazione del genere: ho abbassato i
piedi di stabilizzazione del veicolo.
Mi fidavo dei cartelli esposti che dicevano che l'area era sotto il controllo della polizia.
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"Oscar svegliati, svegliati, svegliati. Stanno cercando di entrare nel camper", mia moglie mi stava scuotendo.
Un po' frastornato mi levai dal letto e preso un grosso coltello di
cucina aprii la porta posteriore del nostro mezzo. Erano le tre del
mattino del 15 agosto.
Il rumore di qualcuno che scappava correndo mi convinse che la situazione non era delle migliori.
Mi sedetti sullo scalino retrattile del camper con in mano il lungo
coltello. Mi resi subito conto che qualcuno, un gruppo di delinquenti,
stava gattonando per assalirci.
Erano quei giovinastri del ristorante ed eccoli riapparire con aria
tracotante. Mi sembrò che in mano avessero quantomeno dei bastoni o dei
coltelli. Le luci dell'area di parcheggio non erano sufficienti per
capire.
"Alberto, Alberto -cominciai ad urlare rivolto al camper del mio
cosiddetto amico-mi stanno assalendo...! Vieni fuori con la pistola,
aiutami...!"
Non è facile, non è facile inventarsi così sul momento la capacità di improvvisare un duello rusticano.
In quegli istanti si fa appello ai lontanissimi prodromi del tuo DNA,
risalendo a centinaia, migliaia di anni prima per ricordare come diavolo
facessero i tuoi lontani progenitori.
In una situazione come quella scatta l' istinto di conservazione e ci
sono due vie di uscita: la prima è quella di fuggire comunque, la
seconda è quella di tentare di opporsi con una reazione violenta,
assolutamente incauta, vista l' inesperienza, il numero che ti
soverchia, il buio, la confusione, il mancato aiuto di Alberto.
Mi si era chiuso lo stomaco e sentivo una rabbia montare dentro di me,
mentre maneggiavo quel coltello da cucina con fendenti e affondi
inventati li' per li', cercando di tenere a distanza gli avversari
soprattutto quel Jose' che sembrava impugnare una lama che luccicava
alla scarsa luce dei lampioni.
Dopo tanto chiamare finalmente Alberto si decise ad uscire dal camper .
"Ragioniamo, ragazzi, ragioniamo..!" disse e si prese una bastonata tra
capo e collo che lo convinse a rifugiarsi immediatamente di nuovo dentro
il suo lussuoso motorcaravan.
Franca mia moglie cercava di trattenere Max mio figlio che nonostante i
suoi dodici anni voleva venire in aiuto di suo padre, Anastasia, il
pastore tedesco non capiva che cavolo stesse succedendo e si sfogava
abbaiando a piu' non posso, Marco il piccolino piangeva attaccato alle
gambe della madre.
Il duello rusticano stava durando da qualche minuto e stranamente,i
compagni di Jose' si erano quasi radunati in circolo per rispettare la
lotta tra il loro capo gang e quel turista di mezza età.
Non so come ma in un affondo sono riuscito a toccare il braccio sinistro
di Jose' che ha cominciato ad urlare: "Estoy herido estoy herido, este
italiano maldito me hirió el brazo ..."
Siccome anche nelle situazioni più drammatiche c'è sempre un risvolto
comico, Jose' si era avvicinato al motor caravan di Alberto e strusciava
il suo braccio sanguinante sulle candide pareti del potente veicolo.
Situazione per me diventata insostenibile, non c'era scampo, gli altri
componenti della gang mi sono saltati addosso, quanti potevano essere ?
quattro , cinque ma sembravano centinaia. Mi colpivano con calci e
pugni, uno aveva divelto un cestino di metallo e me lo stava sbattendo
sulla testa. Ho perso conoscenza e per mia grande fortuna sono rotolato
sotto il camper. Il vantaggio di avere un camper con le ruote alte.
Come sapete le ferite alla testa sono quelle che sanguinano di più e
penso che quei delinquenti si siano spaventati nel vedermi con il volto
coperto di sangue e forse pensavano di avermi fatto fuori, percio' sono
fuggiti.
Dopo qualche minuto ho ripreso conoscenza e nella nebbia ho sentito
Franca piangere mentre cercava di capire quanto importanti fossero le
mie ferite.
Lentamente sono uscito da sotto il camper. Franca e Max mi hanno aiutato
a rimettermi in piedi e carico di adrenalina come ero ho detto loro che
volevo mettermi alla guida e fuggire da quell'area di parcheggio. Mi
hanno guardato come si guarda un pazzo in escandescenze, ma ero l'unico
che poteva guidare il mezzo ed hanno abbozzato.
Max aveva trovato il girabaracchino e si era dato da fare per sollevare i
piedi di stabilizzazione. Franca aveva tolto dal frigorifero un pacco
di filetto e lo aveva piazzato sulla mia fronte, i miei occhiali da
vista erano andati perduti ma per fortuna avevo quelli da sole.
Mi sono attaccato alla radio e ho cominciato a lanciare un messaggio per
richiesta di aiuto. Nonostante l'ora mattutina mi ha risposto un
tassista che dopo cinque minuti è arrivato. Ho chiesto di farci da guida
verso il pronto soccorso più vicino e così ci siamo messi in movimento.
Passando in un vicolo dove c'era uno di quei bar spagnoli aperti tutta
la notte mi sono trovato davanti una macchina di qualcuno che era andato
a bere all'interno del locale. Mi sono attaccato al clacson che avevo
fatto modificare con delle trombe super potenti. Il proprietario,
seguito da altri, si è precipitato fuori dal negozio e si è fatto sotto
il mio finestrino con aria minacciosa, mi sembra addirittura che
impugnasse una pistola. Quando ha visto il mio volto coperto di sangue
ha lanciato un paio di bestemmie e si è precipitato a spostare la
macchina in maniera che potessi passare.
Ho guidato per circa venti minuti e vi posso assicurare che non è stata
un'operazione facile. Alla fine il tassista ci ha accompagnati di fronte
al Pronto Soccorso di Chirurgia nel Paseo Colon. Franca si è data da
fare per farci entrare col camper dentro il parcheggio interno dell'
edificio .
A quel punto sono stato circondato dagli infermieri e dai medici.
Dovevano sottopormi subito a degli esami radiografici per accertare se
avessi avuto una commozione cerebrale.
"Pero primero, Sr. Bartoli, tenemos que lavarnos" , mi ha detto l'
infermiere al quale ero stato affidato. Mi ha condotto in un bagno dove
mi ha tolto la tuta che avevo riempito di feci perché, mi hanno
spiegato, quando uno perde i sensi si allenta il controllo dello
sfintere. Io credo anche che fosse stata una reazione della mia paura
quando dovevo sostenere il duello rusticano.
Nudo come un baco con una sistola mi ha pulito e poi sono stato messo su un letto nella sala del pronto soccorso.
Ad assistermi due giovani medici, un uomo e una donna, ai quali ho
provato a raccontare la mia storia. Il commento del giovane medico è
stato: "Lo sentimos señor, pero ahora tenemos democracia..."
La radiografia non aveva dato risultati negativi, insomma non c'era
stata una commozione cerebrale, adesso si trattava di ricucire le ferite
alla testa e al torace che mi erano state inferte.
Mentre lavoravano di cesello sull' altro letto è stata portata una
donna, una prostituta con una profonda ferita di pugnale ad una coscia.
Si lamentava piano e pregava la Madonna.
Più tardi il lavoro di ricucitura dei due medici al sottoscritto e'
stato interrotto dall' arrivo di un tipo esagitato che urlava e inveiva
contro tutti ed era stato bloccato da quattro infermieri.
Gli hanno fatto una iniezione di un mega tranquillante e il tipo è crollato in un sonno pesante.
I medici avevano completato il loro lavoro di ricamo alla mia testa dove avevano posto quaranta punti.
"Lamentamos lo sucedido, señor, le deseamos un buen regreso a Italia.
Pero no se preocupe durante al menos ocho días", mi dissero prima di
farmi sedere su una sedia a rotelle che mi avrebbe portato in una camera
che erano riusciti a recuperare all' interno del dipartimento.
Ma
prima di entrare nell'ascensore ho voluto abbracciare Franca, Max e
Marchino. Appena li ho visti sono scoppiato a piangere: "Scusate,
scusate"- dicevo singhiozzando perche' ormai l'adrenalina era sparita -
"Ho fatto tanti errori. Avrei dovuto mettere in moto subito e lasciare
quel posto..."
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La mia camera nel pronto soccorso di chirurgia era ampia e dava sul
cortile con alberi e aiuole dove avevano permesso di parcheggiare i
camper. Infatti anche Alberto, non so come, era riuscito a rintracciarci
e aveva anche lui sistemato il suo mezzo all'interno dell'Istituto.
Il primo giorno ho avuto una febbre molto alta e sono stato sotto antibiotici.
La mattina del secondo giorno è arrivato Alberto in camera e mi ha
detto: "Scusami se non ti ho aiutato l'altra sera..." Al che ho risposto
dicendo: "Caro Alberto, il coraggio se uno non ce l'ha non se lo può
dare…" Forse sono stato un po' sopra le righe ma in quelle condizioni
non mi sentivo di essere buono più di tanto.
Il terzo giorno, la febbre ormai era scesa, ho deciso che dovevamo
tornare in Italia. Avevo la testa completamente fasciata come da una
calotta, mi sono fatto indicare dov'era l'amministrazione dell'ospedale e
una volta individuato l' ufficio ho chiesto chiarimenti ai funzionari
presenti.
Mi hanno detto che non avrei pagato alcunché se avessi presentato una dichiarazione del consolato italiano di Barcellona.
Ho ringraziato e dopo essermi documentato dove fosse questo consolato italiano ho preso un taxi e mi ci sono fatto portare.
Calle Mallorca 270
Davanti a me c'erano almeno 10 persone, quasi tutti turisti che erano
stati rapinati, sopratutto quando passeggiavano sulle Ramblas.
Provate a pensare in quei giorni di Ferragosto dove fosse il console generale. In Italia in vacanza, ovviamente.
I problemi dei turisti italiani presenti a Barcellona erano gestiti da
un addetto, visibilmente scocciato nel dover spendere quei giorni di
Ferragosto nell'ufficio del consolato.
Dopo più di un'ora di attesa quando finalmente è stato il mio turno ho
raccontato al funzionario quanto mi era capitato. E gli ho chiesto il
certificato da rilasciare alla amministrazione del pronto soccorso
chirurgico di Barcellona che mi ospitava.
Il funzionario mi ha chiesto se avevo il formulario E 101. Al che ho
risposto che non sapevo cosa fosse. Il funzionario mi ha detto che quel
modulo serviva per estendere la copertura sanitaria all'estero. Mi ha
chiesto in quale città abitassi, gli ho detto Roma e allora mi ha
suggerito: "Lei scriva alla sua Usl di Roma e si faccia mandare il
modulo E 101, poi verrà qui di nuovo, le faremo questa dichiarazione che
lei potrà portare all'ospedale."
Mi sentivo la testa molto pesante e non riuscivo a catalogare quanto il
funzionario del consolato mi aveva appena detto: scrivere alla Usl di
Roma, prenotare un albergo a Barcellona e attendere l' invio del
formulario E 101, portarlo al consolato e ricevere la certificazione
richiesta dagli spagnoli.
"Senta, ma si rende conto di quanto lei mi sta dicendo? " ho sussurrato
al funzionario poco 'consolante', "Si rende conto oltretutto che siamo
in periodo di Ferragosto e che in Italia tutto è chiuso?"
"Non sono questi i problemi di cui devo preoccuparmi personalmente",
risponde il funzionario questa è la procedura e io non la posso
modificare..".
Gli ho risposto che lui era pagato per aiutare i suoi connazionali
presenti a Barcellona e cercare di risolvere i loro problemi senza
schierarsi dietro le procedure.
Mi sono alzato a fatica e me ne sono andato non senza prima avergli suggerito un uso improprio del formulario E 101.
Rientrato all' ospedale mi sono recato all' ufficio amministrazione dove
ho riferito puntualmente quanto mi era stato detto dall' addetto
consolare ed ho aggiunto che mi vergognavo come italiano.
Mentre parlavo il funzionario spagnolo sorrideva con evidente malizia.
"No hay problema, señor Bartoli, pensamos que éramos el país más
burocrático del mundo pero nos equivocamos. La culpa es nuestra que le
hemos causado estas heridas y esta conmoción. Resolvamos todo a nuestra
manera en cinco minutos". y no vuelvas a vernos (me refiero a un
hospital) ..! "
Mise un paio di timbri su alcuni fogli e restituì la fattura (camera, medicinali, radiografie, interventi medici, ecc.) con scritto "pagado" a caratteri cubitali. ___________________________________________________
Il giorno dopo ho guidato il camper. 1168 km per raggiungere Marina di Grosseto, campeggio Cielo Verde, un posto bellissimo in pineta. Appena arrivato, ho aperto la portiera del camper, ho cercato di scendere e sono stramazzato a terra.
by Oscar Bartoli
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Per coloro che non vogliono leggere, ma solo vedere e ascoltare
https://youtu.be/TWovZGJq43k
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Ne hai fatte di esperienze in vita tua!
Questa pero’ non te la invidio.
Riccardo
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Carissimo Oscar,
dopo
che mi raccontasti la tua brutta avventura in Spagna, con l’eccezione
di uno dei ns viaggi nella meravigliosa Bretagna, abbiamo poi siempre
fatto rigorosamente sosta nei campeggi, in Italia e all’estero. I quali,
se frequentati non in agosto, nulla tolgono all’atmosfera del plen air.
Basta che non ti si piazzi vicino vicino, anche se vi è un grande
spazio disponibile, uno di quei rompiscatole appiccicosi che gli chiedi
l’ora e loro si mettono a raccontarti come è fatto l’orologio…
Un abbraccio a tutti voi!
Sandro
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Egregio Oscar, complimenti.
l'arte
dello scrivere e' trasformare racconti di viaggio che sono capitati
anche a molti di noi, in divertenti ed avvincenti storie.
In attesa delle prossime,
cordiali saluti
giancarlo belluso
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Ciao Oscar, ho appena letto la newsletter dell'avventura in camper, o
meglio, della disavventura in Spagna. Scrivi in modo veramente
coinvolgente. Non cancellarmi dalla mailing list! Uncaro saluto.
Maurizio Tr.
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Quest’ultima la ricordavo bene! La prima volta che ce l’hai raccontata mi pareva di ricevere io tutti i calci e le botte che ti avevano dato!
Franco Ber.
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